What Have You Done?

Casa Tyler, Mashaad, Agatha - 01/07/2510

L'ufficio di John Tyler era l'ufficio di un uomo d'affari. Ricercato nello stile, razionale nelle forme, efficace nell'utilizzo. Quell'uomo era seduto alla sua scrivania, mentre io facevo avanti e indietro, parlando.

"Quanto vuole bene a sua figlia? Diciamo che conosco Sophia da...diverso tempo e, se volessi, potrei farle molto male senza alzare un dito."

Stavamo parlando di affari ed ero certo che John Tyler tenesse abbastanza a Sophia da offrirmi protezione. Lo guardavo negli occhi, mentre accettava il nostro matrimonio. Rimanemmo che mi avrebbe fatto sapere quando saremmo diventati soci, così che potessi lasciare la Smokin' Guns, e gli sporchi Browncoat che servivo nelle mani dell'Alleanza. Tanti soldi per me, un prestanome a pagare in mia vece ed un posto assicurato nell'azienda di famiglia di John Tyler. Tutto andava secondo il piano stabilito.




Shouye, Capital City, Horyzon - 02/04/2517

Sophia si era alzata dal letto per versarsi un whiskey. Indossava una mia camicia ma ero in grado di vedere il suo bellissimo corpo nudo mentre compieva quel gesto. La osservavo, sorridevo per una sua battuta, ma il discorso volse al peggio nel giro di un attimo.

"Lui non ti avrebbe fatto la carità, voleva farti diventare socio ancora prima che bombardassero gli stabilimenti della Smokin' Guns..."

Quelle sue parole spazzarono via il mio sorriso, lasciando il posto alla rabbia più profonda, che albergava dentro di me. Le raccontai tutto quello che John Tyler mi aveva fatto passare. Le parlai del nostro accordo, e cercai di portarla dal mio lato. Non aveva tenuto fede alla sua parte del patto, e finalmente era arrivato il momento di pagare le conseguenze. Lei non reagì come speravo. La vidi accusare quel colpo in una maniera che non credevo possibile da parte sua.

"Vedi, Adrian, che il caro paparino potesse avere progetti per me a lungo termine ne avevo tenuto conto. Nessuno adotta una ragazza così grande senza una ragione più che valida e non l'ho mai considerato un santo. Ma tu... tu che ti presti a un giochetto simile, con me."

I suoi occhi erano lucidi mentre mi sussurrava quelle parole a pochi centimetri dalla faccia. Il fuoco che avevo sempre visto dentro di lei era come spento all'improvviso. Tutto quello che avevo sempre apprezzato di lei era scomparso in un attimo. Senza rendermene conto le avevo piantato un coltello nel cuore, e avevo spinto la mia lama fino a trapassarlo. Avevo soffocato la sua fiamma.

La lasciai andare via, prima di scagliare a terra il bicchiere, e poi tutta la bottiglia di whiskey per la rabbia. La vendetta era in atto, ma la sensazione che speravo non arrivò mai. Mi sentii disarmato. Niente era come mi aspettavo. Sentii solo il vuoto, e per la prima volta, la sensazione di aver perso qualcuno che non volevo perdere...

Ruins and Flames

Casa di Sophia, Capital City, Horyzon -  22/03/2517

Ho dovuto corrompere il portiere per riuscire ad entrare dentro casa di Sophia, ma nell'essere lì mi fu possibile osservare il suo mondo  più di quanto non sia mai riuscito a fare in anni. Ho sentito l'odore della sua casa, letto i suoi libri, bevuto il suo whiskey.

"Quindi devo licenziare il custode..."

Così era entrata dentro casa sua, e non si era affatto scomposta. Che si aspettasse di vedermi lì? Assai difficile. Ho cercato dentro casa sua informazioni sulla persona che le ha affibbiato il compito di starmi alle calcagna. Non tollero che qualcuno di cui non so nulla stia cercando informazioni su di me. Era quello il motivo per cui ero lì... o forse no...

Come tutte le volte che ci incontravamo, era iniziata nuovamente quella sfida. Ognuno era in piedi ad un lato della stanza. Parlavamo, in una lotta di colpi bassi e finte che solo io e lei eravamo in grado di gestire, eppure c'era qualcosa di strano in lei. Per qualche motivo avevo l'impressione che fosse felice di vedermi lì... e in un certo senso, neanche a me dispiaceva la cosa. Non era il brivido della caccia, era qualcosa di più intenso, che non riconoscevo.

"Perchè sei venuto qui? Sai bene che non ti dirò il nome del mio cliente..."

Eravamo arrivati a quel punto, le distanze si erano accorciate. Ci stavamo praticamente parlando in faccia, e dopo tanto tempo, rividi quel fuoco che una volta fece sì che il mio occhio si posasse su di lei anni fa. Sentii un calore da cui per troppo tempo ero rimasto separato. Qualcosa in quella caccia lunga anni mi aveva portato lì. Per anni avrei potuto tornare da lei, ma perchè solo ora? Era la stessa domanda che mi aveva fatto lei...



Smokin' Guns Industries, Dane End, Hera - 10/08/2510

Stavo aspettando da giorni una chiamata da parte di John Tyler. Avevo mandato un messaggio chiaro a quella ragazza, e a suo padre. Non so dire cos'è che lo fermi dal chiamarmi, e sinceramente inizio a non stare più nella pelle.

"Rufus, prepara la mia nave per il viaggio... dovrò tornare su Aghata..."

Il tempo passava, e non riuscivo più a stare calmo. Neanche il torpore indotto dalle droghe e dall'alcool poteva far cessare quella sensazione. 

"Ma quanto diamine ci vuole a preparare una cazzo di astronave?"

Fu quel pensiero a salvarmi la vita. Andai nei sotterranei della fabbrica, lì dove avrebbero dovuto preparare il mio cargo, ma non c'era nulla. La guerra era iniziata, e i bombardamenti di Hera anche. Mi serviva l'appoggio di Tyler affinchè la mia storia fosse credibile, ma quel bastardo... Il mio pensiero venne interrotto da un'esplosione. Stavano bombardando le Smokin' Guns, e io ero ancora lì dentro, così com'erano lì dentro le prove del mio coinvolgimento con l'azienda. Una cosa era certa, ne sarei uscito vivo e pulito. Salii nuovamente nel mio ufficio, con gli impianti che nel frattempo subivano il fuoco orbitale dei bombardieri alleati. Niente mi avrebbe fermato. Un colpo troppo vicino distrusse la facciata dell'edificio, aprendone uno squarcio e distruggendo parte del mio ufficio. L'holodeck era ancora lì. Dovevo sbarazzarmene. Lo lanciai nel vuoto, ma nel farlo strappai il mio vestito su un tondino di ferro esposto. Cercai di scappare fuori più veloce che potevo, ma ci fu un crollo...

Era mattina. Ero in mezzo alle macerie, ma miracolosamente salvo. Mi alzai in piedi, feci alcuni passi ma crollai a terra subito dopo. Fui colpito dalla sensazione di sconfitta, l'amaro senso di aver perso tutto quello che mi ero guadagnato col sudore e con il sangue. Con le lacrime agli occhi, ripensai a Sophia, e a quel bastardo di Tyler. Tutto quello per cui avevo lavorato non c'era più. Solo macerie e fiamme.



Casa di Sophia, Capital City, Horyzon - 23/03/2517

"Non me ne frega niente del tuo cliente. Sono qui per te..."

Queste erano le ultime parole che le avevo detto, prima di cadere in quel turbine di passione che durò per tutta la notte. Mi svegliai il giorno dopo da quella specie di trance, e qualcosa dentro di me era cambiato. Eravamo insieme, sdraiati per terra sotto quella coperta. Dormiva. Il suo c-pad era lì vicino. Avrei dovuto controllarlo per trovare il suo cliente. Non ne valeva la pena...

Taste of Blood

Casinò di Hall Point - 14/03/2517

Ed eccola lì, in tutto il suo splendore, nel suo abito semitrasparente che gioca e ferisce lo sguardo: uno specchietto per le allodole, per distrarre l'avversario da ciò che è veramente importante... la vittoria.

"Allora, nessuno che si vuole accomodare?"

Un invito a nozze per iniziare il mio gioco. Era stata una soddisfazione vederla esitare nell'incrociare il mio sguardo. Era diventata una questione di principio quella di sedermi al suo tavolo ed insegnarle a giocare a poker.

La partita era iniziata, e il mio sguardo insistente rimaneva bloccato nelle sue iridi. Non le ho lasciato scampo, e l'ho attaccata come meritava, minando la sua sicurezza, tanto da costringerla ad abbandonare il tavolo da gioco, nel momento in cui ha riconosciuto il mio sorriso.

"Sembra che la mangiatrice di uomini sia stata mangiata..."

Risi appena, prima di alzarmi e seguirla. Stava cercando di scappare da me, ma non mi sarei mai accontentato di una vittoria per abbandono. Presi il suo whiskey e vidi il segno delle sue labbra sul vetro del bicchiere. Sentivo il bisogno di assaggiare nuovamente quel sapore, e lo feci, bevendo e poggiando le mie labbra lì dove un attimo prima si erano poggiate le sue.

"E' venuto a gongolare perché ha più fortuna di me?"
Quelle parole mi fecero sorridere. Il poker non è un gioco di fortuna, così come la mia mano in quel momento era una delle peggiori che mi potessero capitare. Con due donne al tavolo, avere un due di cuori ed un sette di fiori era praticamente una condanna a morte, ma non per questo mi ero ritirato dal gioco, ed avevo vinto. Lei lo sapeva, ed era per questo che era scappata: il poker è un campo di battaglia dove vince il più determinato, e lei aveva perso terreno.

"In realtà le ho portato il suo whiskey..."

Era una scusa bella e buona per inseguirla e finire il lavoro che avevo iniziato. Si alzò in piedi e prese il bicchiere.

"Prego... Sophia..."

Fu in quel momento che mi riconobbe, e quell'espressione fredda, che nascondeva la sua tensione, si tramutò in un vulcano in eruzione. Sorrisi, prima di ricevere uno schiaffo. Il dolore rimase sul mio viso, nel ricordo di un contatto che mancava da tempo. Mi baciò dopo, portando la lotta su uno scontro fisico che avevamo già avuto in passato.

"Sei un bastardo..."

Me ne andai senza neanche risponderle, perchè in fondo siamo solo bestie il cui unico scopo è affermare la propria supremazia sull'altro... e dopo la lotta, il sapore del sangue in bocca mi ricordò la più dolce delle vittorie...